penelope #16
Guarda un po' chi si rivede. Probabilmente vi eravate dimenticati di penelope, ma penelope non si è dimenticata di voi. Non serve specificare che gli ultimi diciotto mesi o giù di lì sono stati durissimi (e hanno portato a decisioni discutibili; per esempio: «E se invece di segnalare racconti belli si provasse a leggere racconti assurdi?»). Comunque, adesso che stiamo faticosamente provando a tornare a una parvenza di normalità, penelope torna al vecchio formato, nella speranza che sia di buon auspicio.
Buona lettura.
Mi sforzo di ricordare, ma non lo conosco, questo tizio.
Però somiglia molto a qualcuno che conosco. Ma a chi? A chi?
Sembra una miscela di compagni di scuola mai più visti, di persone con cui ho lavorato, di gente osservata alla TV, di parenti.
«Sono Alessandro» mi dice l’uomo-miscela. «Dai, su, non è possibile che non ti ricordi di me!» È giovane, sui trent’anni. «Ma sì Alessandro, scusami, so che ci conosciamo, ma adesso non riesco a ricostruire dove…» Capelli scuri, folti, pettinati all’indietro, faccia che non si nota, una faccia italica, né bella né brutta, forse un po’ squadrata. È in giacca e cravatta, vestito di grigio scuro, abbastanza elegantemente.
Cioè, più che elegantemente è vestito con il decoro standard di chi non vede l’ora di mettersi in tuta e scarpe di gomma.
Abiti un po’ rigidi e ingessati, scarpe un po’ andanti, a punta quadra.
Mi dice: «Proprio non ti ricordi? Non ci credo. Senti, andiamo al Mocambo?».
«Dove?» dico io.
Francesco Pecoraro, Happy hour; continua sul «Il libraio», qui (ed è compreso anche in Dove credi di andare, prima edizione per Mondadori, adesso disponibile per Ponte alle Grazie, ma solo in ebook; tutta la raccolta è assai consigliata).
Il temporale le era corso incontro. Paola aveva fatto in tempo a distinguere alla luce dei fari la polvere sollevata dalle prime gocce sull’asfalto, poi un velo d’acqua corrente aveva preso a scrosciare sul parabrezza. Tutti i veicoli sull’autostrada avevano rallentato; si accendevano le prime luci di sosta; i tergicristalli si agitavano frenetici. Scalciò sul pedale del freno e accostò in una piazzola. Guidare di notte la disorientava e l’impauriva, quasi le toglieva il respiro. E ora c’era quella pioggia che riduceva la visibilità e moltiplicava i riflessi. Svegliò Fede scuotendole la spalla. Si era addormentata con la testa appoggiata al finestrino quando erano ancora in coda per uscire dal parcheggio del Forum. La ragazza, assonnata, domandò se fossero già arrivate a casa. Poi udì il frastuono della pioggia, si guardò intorno e si stirò come se avesse dormito un’intera nottata.
Ernesto Aloia, Lo sa il Cielo quanto sono triste; continua su «Nazione Indiana», qui.
La scorsa notte la voce nel condotto dell’aria mi ha detto Corri e io ho corso. Ho spalancato gli occhi e mi sono sollevata dal letto con la schiena rigida. Sono uscita senza mettermi le scarpe. Il terriccio all’esterno era freddo, freddo il marciapiede, freddo l’asfalto, fredda l’erba umida del parco. Non mi sono fermata neanche quando una scheggia di vetro si è infilata nella pianta del piede. Ho calpestato alcuni lombrichi e diversi mozziconi di sigaretta. In riva al laghetto artificiale mi sono arrestata di colpo perché il ronzio di un lampione mi stava parlando. Brava ragazza, diceva, Brava: adesso torna a casa. Ansimando ho guardato la notte che ingoiava ogni cosa, lo specchio d’acqua scuro e piattissimo. Ho visto tutto con una lucidità nuova, improvvisa.
Francesca Mattei, Ma tu non la senti; continua su «SPLIT», qui (ed è compreso, in una versione leggermente diversa, in Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, Pidgin edizioni; anche questa, raccolta molto consigliata da penelope).
Infine, un pezzo bonus, scritto dal curatore di penelope in persona e quindi gravato da un conflitto di interessi grosso COSÌ. Si intitola Buona dissolvenza, non è un pezzo di fiction ma una storia vera, una storia di fantasmi, iniziata tre anni fa su Facebook e finita(?) - male - solo di recente.
La trovate qui.
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penelope è curata con amore da mom