penelope #12
Benvenuti su penelope, la newsletter che vi segnala che lì, proprio lì, c'è un racconto bello da leggere. Questo mese penelope vi propone tre racconti italiani, buona lettura.
Paoletta me la ricordo bene. Era mora e piccola. Era più bella delle altre di molte volte.
Anche era più silenziosa delle altre.
Era un giro avanti a tutte e io nel bosco col fazzoletto al collo mi ero innamorato di lei, e lei mi aveva chiamato con il nome di un altro e allora io nel bosco le avevo risposto che non ero lui, perché avevo paura che poi lui mi avrebbe fatto del male, perché io sempre avevo paura degli altri e soprattutto del dolore, che qualcuno mi spegnesse una sigaretta addosso, com’era capitato alle medie, o mi facesse girare tenendomi per i piedi sfiorando la polvere, i sassi e ancora la polvere con la testa, o mi dicesse che ero un verme schifoso coi capelli, uno più grande una volta mi aveva detto proprio così, che ero un verme schifoso con i capelli...
Emanuele Kraushaar, Paoletta; continua su «Nazione Indiana», qui
Luger accostò l’auto vicino a un cassonetto in via Padre Giordano Cascini e spense il motore. A quell’ora della notte la strada era intatta, e proseguiva in salita dietro una curva. Da un lato era fiancheggiata dalle rupi del monte che scalavano la vetta; dall’altro, dal bosco di pini e cipressi disteso fino a valle. «Andiamo!», disse Luger scendendo dall’auto. Ribaltò il suo sedile per far uscire Bardo, sbatté la portiera, si assicurò che anche Nadia fosse scesa, infilò la chiave nella toppa e fece scattare la sicura. Nadia voltò le spalle a Bardo e cominciò a gironzolare dinoccolata fra un lampione e il cassonetto. Mise le braccia dietro la schiena e disse: «Ma quindi, dov’è questo posto segreto?».
Noemi De Lisi, Carcassa; continua su «Vibrisse», qui
Erano almeno cinque anni che volevamo farlo, ma con mio zio non si può mai programmare niente. Ogni tanto al telefono mi ripeteva che avremmo potuto farci un documentario, qualcosa da rivendere ai canali satellitari, e io mi ero ormai abituato all’idea che, come per tutto il resto, non se ne sarebbe fatto più niente, finché una sera di luglio non mi chiamò per dirmi che sarebbe venuto apposta in Italia.
«Ho preso due giorni di ferie. Mi sono fatto dare una piccola videocamera da un collega.»
Mi propose di dormire nella vecchia casa dei nonni, che da un po’ era disabitata.
«Così ci godremo un po’ il fresco.»
Simone Ghelli, Natura in versi; continua su «Altri animali», qui
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