Bentrovati su penelope, la newsletter che segnala che lì, proprio lì, c’è un racconto bello da leggere online. Da questo numero penelope è passata su Substack, per questioni che sarebbe noiosissimo anche solo riassumere. Quindi lasciamo perdere, e passiamo ai racconti. Buona lettura.
Un uomo un giorno se ne andò. Era febbraio. Dove andò? Non si sa. Ma da dove se ne andò? Se ne andò da una famiglia, una famiglia come tante, dalla donna che aveva sposata quattordici anni prima, dalla figlia che era nata dodici anni prima, dal figlio che era nato dieci anni prima; se ne andò dal lavoro all’Ufficio provinciale del Registro, presso il quale aveva preso servizio sedici anni prima; se ne andò dal quartiere nel quale viveva, e dove era conosciuto e apprezzato dai vicini per la cordialità, dai negozianti per la gentilezza, dal parroco per la correttezza morale, dal povero del sottoportico per l’immancabilità dell’elemosina.
Giulio Mozzi, Un uomo un giorno se ne andò
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Certa gente può permettersi di fare qualunque cosa, ma io non posso permettermi neppure di bere un bicchiere d’acqua a letto.
Mi scambio di posto con il mio cane, che tanto non si accorge del bagnato.
Su questo lato del letto vedo la luna dalla finestra. È piena, con… qualcosa in più. So che può succedere, ma non nello stato di New York: in Africa, dove nelle notti di plenilunio la bruma delle Cascate Vittoria può creare un arcobaleno bianco, un arcobaleno lunare. La gente prenota vacanze per vederlo.
Scendo di sotto ed esco nel giardinetto sul retro. Chi altro lo sta vedendo? E poi scopro chi altro: un piccolo orso bruno, o forse nero.
Amy Hempel, L’arcobaleno lunare (traduzione di Silvia Pareschi)
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A fare la spesa ci andava tre volte a settimana, dopo il corso di aerobica, facendo tappa a un minimarket che rimaneva di strada dal centro benessere verso casa. Era un posticino a conduzione familiare con un parquet disastrato e due sole casse per pagare, male illuminato e angusto e molto in voga fra i professionisti. Sui suoi scaffali c’erano birre artigianali e barrette energetiche e rucola, a parte tutti i generi di prima necessità. Così quando aveva bisogno di pane, banane, carote, latte, ricotta – le solite cose – si fermava in zona.
Quando però sentiva di meritarsi una qualche leccornia, allora una sortita speciale – una capatina da biscotti – era d’obbligo. Per quelle preferiva andare nei supermercati più grandi che riusciva a scovare, posti che assumevano tanti commessi, che si alternavano tanto di frequente, che nessuno l’avrebbe mai riconosciuta come cliente fissa.
Daniel Orozco, Storie di fame (traduzione di Emanuele Giammarco)
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Bellissima iniziativa. Grazie!
grazie!